Il diritto alla provvigione del mediatore immobiliare consegue alla conclusione di un affare in senso economico-giuridico. Tale diritto va, invece, escluso quando tra le parti si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del processo formativo dell’affare, come nell’ipotesi in cui si sia stipulato un patto d’opzione.
Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30083/19, depositata il 19 novembre scorso. Innanzitutto viene ricordato il principio secondo cui la provvigione può essere riconosciuta solo in favore del soggetto che sia in possesso dell’iscrizione al Ruolo degli agenti di affari in mediazione, tenuto dalla Camera di Commercio.
La circostanza, poi, che un possibile acquirente venga, per esempio, accompagnato a visitare l’immobile da un soggetto non in possesso dell’iscrizione non appare decisiva, posto che, da un lato, il primo contatto sia avvenuto con l’agente iscritto al predetto Ruolo, e, dall’altro lato, non occorre l’iscrizione all’albo dei mediatori per lo svolgimento di mere funzioni ancillari come quelle che si risolvono nell’accompagnamento del cliente a visionare l’immobile.
Secondo la Corte occorre poi ribadire il principio, già espresso con la precedente sentenza del 9 aprile 2009, n. 8676, per cui “Il diritto alla provvigione consegue non alla conclusione del mediatore del negozio giuridico, ma dell’affare, inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico, anche se con pluralità di soggetti: pertanto, la condizione perché il predetto diritto sorga è l’identità dell’affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione finale, sempre che vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale, e la conclusione dell’affare sia collegabile al contatto determinato dal mediatore tra le parti originarie, che sono tenute al pagamento della provvigione”
Il diritto del mediatore alla provvigione consegue soltanto alla conclusione dell’affare (art. 1755 c.c.), e quindi non già all’atto della stipula di un accordo a contenuto essenzialmente preparatorio, non idoneo a vincolare ambo le parti né ad assicurare alla parte non inadempiente l’accesso alla tutela di cui all’art.2932 c.c., bensì soltanto a regolamentare il successivo svolgimento del procedimento formativo del contratto definitivo programmato.
Va di conseguenza affermato un altro principio, già espresso dalla stessa Cassazione con la Sentenza n. 4628 del 6 marzo 2015: “Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 c. c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Va invece escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non sia stato concluso un “affare” in senso economico-giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell’affare, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto….”.
In altri termini, il momento costitutivo del diritto del mediatore alla provvigione va individuato nel momento in cui viene sottoscritto, alternativamente, il contratto definitivo ovvero un contratto preliminare che consenta alla parte non inadempiente di ricorrere alla tutela in forma specifica ex art. 2932 c.c., e quindi che possa essere ritenuto “atto conclusivo dell’affare”.
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Fonte: https://www.tuttocamere.it